Economia & Fisco

Fino a 34 anni di arretrati per i dipendenti pubblici: sentenza della Corte Costituzionale, pioggia di rimborsi in arrivo?

Una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 4/2024 consente di ripristinare un aumento di stipendio connesso all’anzianità per i dipendenti pubblici. Ogni dipendente dovrà valutare il proprio singolo caso, per stabilire a quanto si ha diritto. Secondo le prime stime, in alcuni casi alcuni stipendi potrebbero arrivare a un totale di più di 30 anni di arretrati.

Il contratto del 1990

La sentenza va indietro fino a 34 anni fa, nello specifico fino al 1990. Un periodo in cui il rapporto di pubblico impiego era regolato dal diritto pubblico. In quegli anni, i contratti venivano gestiti tra le organizzazioni sindacali e l’autorità politica. Non c’era infatti ancora l’ARAN, Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni che sarebbe stata istituita solo tre anni più tardi.

Il contratto di lavoro del 1990 prevedeva il blocco dell’anzianità per tutti i dipendenti della Funzione Pubblica. In base ai commi 4 e 5 dell’art. 9 questi importi venivano riconosciuti in base all’anzianità maturata entro la soglia del 31 dicembre 1990.

Questi gli importi connessi a qualifiche e anzianità:

I, II e III qualifica, con anzianità di 5 anni: 300.000 lire;
I, II e III qualifica, con anzianità di 10 anni: 600.000 lire;
I, II e III qualifica, con anzianità di 20 anni: 1.200.000 lire;
IV, V e VI qualifica, con anzianità di 5 anni: 400.000 lire;
IV, V e VI qualifica, con anzianità di 10 anni: 800.000 lire;
IV, V e VI qualifica, con anzianità di 20 anni: 1.600.000 lire;
VII, VIII e IX qualifica, con anzianità di 5 anni: 500.000 lire;
VII, VIII e IX qualifica, con anzianità di 10 anni: 1.000.000 lire;
VII, VIII e IX qualifica, con anzianità di 20 anni: 2.000.000 lire.

In virtù del blocco dell’anzianità, i dipendenti pubblici non hanno più avuto diritto agli emolumenti economici automatici.

Poi è arrivata la privatizzazione dei contratti pubblici.

La privatizzazione

Dal 3 febbraio 1993, con il Decreto Legislativo n.29, il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici diventa privatizzato. Quindi dipende dalle norme del Codice Civile. Questo porta a una modifica anche per quanto riguarda i ricorsi che passano dalla magistratura amministrativa a quella civile.

Una riforma che ha consentito a molti dipendenti la possibilità di rivolgersi al giudice ordinario, ottenendo il diritto a percepire la maggiorazione della Retribuzione Individuale di Anzianità, anche dopo l’1° gennaio 1990.

In virtù dell’alto numero di ricorsi, il Governo è intervenuto con la legge finanziaria per l’anno 2001. Escluso di fatto il diritto alla corresponsione della maggiorazione R.I.A., per il triennio 1991-1993. Un diritto riservato solo a chi vantava i requisiti necessari entro il 1990.

Cosa accade ora

Una norma positiva per il Governo. Ora però la Consulta rimescola le carte, invocando il principio della irretroattività della legge. Il legislatore, con la norma in questione, ha determinato i giudizi pendenti a favore dello Stato per evitare danni eccessivi sul bilancio italiano.

Ora la palla passa al giudice ordinario per chi non ha mai aperto un contenzioso. Ma la Corte potrebbe rimettere in discussione solo i ricorsi già avviati in passato, respinti dall’autorità giudiziaria.

Di positivo c’è che non è prevista prescrizione. Quindi chi ha fatto ricorso ormai più di 30 anni fa, potrebbe ricevere una liquidazione fino a un massimo di 30 anni di arretrati. I contributi pensionistici dovrebbero essere allocati nell’anno di competenza e non di cassa. In questo modo ci sarebbe una retribuzione maggiorata. Significa contributi più alti e una pensione più elevata.

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