Scuola

Carta docente: niente tagli almeno fino alla fine dell’anno, ma i fondi per evitare la riduzione dell’organico previsti dalla riforma del reclutamento docenti non sono al momento disponibili

Il ministro dell’Istruzione Bianchi sa bene che se vuole arrivare presto a una definizione dell’accordo con sindacati e forze politiche sul tema della riforma del reclutamento (altro tema caldo che si sovrappone a quello del rinnovo del contratto scuola) deve necessariamente se non cedere almeno mediare su alcuni aspetti cardine dell’impianto che ha suscitato più critiche che plausi in fase di prima analisi. A dispetto delle promesse in termini di immissioni i ruolo garantite nei prossimi anni sulle quali evidentemente non c’è lo stesso ottimismo e la stessa uniformità di vedute.

Fondi insufficienti

Uno degli aspetti più controversi riguarda senza dubbio l’aspetto economico. Le forze politiche hanno chiesto oltre 450 milioni di euro che consentirebbe di modificare la parte relativa alla scuola del decreto PNRR 2. Molti meno quelli messi a disposizione dal Mef, solo 16, insufficienti ad apportare modifiche sostanziali all’impianto.

L’obiettivo è scongiurare almeno il ridimensionamento della carta docente e il taglio delle immissioni in ruolo, che servirebbero a finanziare gli incentivi alla formazione professionale docente così come strutturata dalla nuova riforma.

Ne servirebbero altri 34 milioni per evitare il taglio fino a giugno 2023 e altri successivi 90 milioni per evitare che la misura entri a regime.

Non si può aspettare la Legge di Bilancio

Ancora più consistente la necessità economica per coprire gli aumenti ai docenti che parteciperanno alla formazione incentivata. Solo con un investimento di 380 milioni di euro di potrebbe scongiurare il taglio di oltre 11mila cattedre, giustificato con la denatalità che farà calare il numero di iscrizioni nei prossimi anni.

Per integrare queste risorse, servirebbe un intervento a fine anno della legge di Bilancio, le cui tempistiche però sono incompatibili con la necessità di chiudere la riforma entro fine giugno. Tutti elementi che comportano grande preoccupazione in vista della necessità di un accordo che al momento appare decisamente complicato ma che in un modo o nell’altro andrà trovato per non evitare spaccature che portino a nuovi scioperi e proteste.