Scuola

Personale scuola: incidenza tumorale a fine carriera molto più alta rispetto ad altri comparti

Le poche richieste di pensionamento in vista di settembre evidenziano le criticità che il mondo del lavoro scolastico deve affrontare in questo periodo particolare. In cui anche una minima rinuncia a una parte dell’assegno diventa difficile da tollerare. Uno degli elementi che ha più pesato in questo senso è sicuramente la fine di Quota 100, cui non è bastato l’inserimento di un anno con Quota 102.

Troppo poche domande di pensionamento

Nella scuola quest’anno sono state presentate 10mila domande in meno di pensionamento. “Sono troppo poche le domande per le pensioni – afferma il sindacalista – perché Quota 102 e Opzione Donna penalizzano chi lavora a scuola, dove bisogna lavorare 43 anni per avere la pensione, tra l’altro pure ridotta del 35% se si vuole uscire qualche anno prima a 63-64 anni”, ha detto Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.

All’agenzia Teleborsa, il sindacalista ha spiegato che che questo modo di trattare i lavoratori pubblici “è criminale perché si lavora tutta una vita intera ed è scandaloso che questo avvenga nella scuola, dove si è stato registrato il più alto livello di burnout nell’ambito del pubblico impiego”. Pacifico è tornato a chiedere “una finestra” di uscita anticipata dalla scuola senza penalizzazioni.

Riscatto gratuito della laurea

“È a questo – ha continuato il presidente – che punta l’Anief: ad una finestra non penalizzante per il personale della scuola, che vada a svecchiare il personale più vecchio al mondo e, nel contempo, vada a riconoscere il lavoro svolto e gli anni di formazione a partire dal riscatto gratuito degli anni universitari per un titolo che oggi è considerato titolo di accesso a questa professione”.

L’incidenza tumorale

Una via d’uscita sarebbe quella di consentire il pensionamento a 63 anni per tutti i dipendenti della scuola. Per fare questo, sarebbe necessario inserirli all’interno delle professioni gravose che beneficiano dell’anticipo senza tagli all’assegno di pensione. Non si può non considerare infatti che l’incidenza tumorale a fine carriera risulta infatti molto più alta rispetto ad altri comparti pubblici e privati.  

Secondo il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, tra i massimi esperti esperto in malattie professionali degli insegnanti “la prova scientifica è già stata fornita dallo studio retrospettivo californiano (Bernstein 2002) che non ha avuto alcun seguito, men che meno in Italia. Eppure il meccanismo patogenetico a cascata è noto ed evidente: stress cronico – aumento dei livelli di cortisolo plasmatico – abbattimento delle difese immunitarie – minore controllo della crescita di cellule neoplastiche”. Il dottore ribadisce, dunque: “che l’insegnamento sia psicofisicamente usurante è accertato da numerosi studi scientifici nazionali (La Medicina del Lavoro N. 5/04) e internazionali che in primis evidenziano l’alta incidenza di malattie psichiatriche seguita a buona distanza da neoplasie e disfonie”.

C’è poi la necessità dell’introduzione per i docenti del riscatto gratuito della laurea. Non convince invece la proposta del Governo di approvare dal 2023 ‘Opzione per tutti’, che come l’anticipo ‘Opzione Donna’ sottrae dall’assegno pensionistico fino al 35-40% che corrispondono a 500-600 euro al mese sottratti illegittimamente a chi ha lavorato per una vita.