Scuola

Aumento stipendio docenti e Ata: stesse retribuzioni per precari e di ruolo

L’aumento degli stipendi per i docenti e gli Ata della scuola ci sarà, ma sarà lontano da quelle cifre che i sindacati auspicavano e che avrebbe consentito di rimediare a tanti anni di immobilismo. Uno dei problemi principali resta quello del mancato recupero del costo dell’inflazione, che non si riuscirà a pareggiare con gli aumenti messi a bilancio dal Governo.

Budget limitato per gli stipendi

D’altra parte il budget disponibile per aumentare gli stipendi del personale scolastico è limitato, e per questo bisognerà fare di necessità virtù, accontentandosi di aver raggiuto quella fatidica ‘cifra a tre zeri’, che doveva essere una base di partenza sulla quale costruire un aumento significativo e che invece si è tradotto in traguardo minimo da raggiungere.

“Il problema degli stipendi del personale scolastico è quello della mancata considerazione del 2013 ai fini dell’anzianità di servizio, ma bisogna anche recuperare il costo dell’inflazione che pure dopo il nuovo contratto rimarrà più alta di 7 punti percentuali”. Lo dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.

Primo gradino stipendiale

Pacifico ricorda che “recentemente l’Anief ha detto al ministro che gli stipendi di docenti e Ata non sono lontani solo dall’Europa ma persino dalla nostra inflazione: inoltre, va riconosciuta la parità di trattamento tra personale precario e di ruolo, oltre che il primo gradino stipendiale per i neo-assunti e uno ‘scatto’ dopo 35 anni di carriera, a meno che non si crei una finestra per il pensionamento anticipato”.

“Dal 2009 – ha detto Pacifico – l’inflazione è cresciuta di 14 punti mentre gli aumenti stipendiali per tutto il personale scolastico sono fermi al +3,48% applicato nel 2018; si discute ora per il rinnovo del contratto, con un aumento del 4.02%. La somma di questi due incrementi porta al 7,5% e siccome la matematica non è un’opinione gli stipendi degli insegnanti italiani, ma generale di tutto il personale scolastico, ricordando che quelli degli ATA sono un gradino ancora inferiori, saranno comunque lontani di quasi 7 punti rispetto al costo della vita”.

Indennità non riconosciute

Il presidente Anief ha ricordato che “il premier Mario Draghi lo scorso mese di maggio ha stipulato, attraverso il ministro Patrizio Bianchi, un Patto con la scuola nel quale c’era un impegno con la scuola: l’impegno forse più importante era quello di destinare una parte delle risorse pubbliche al personale della scuola, ma non è stato fatto. Servirebbero invece indennità di sede, incarico e rischio biologico: delle somme permanenti da dare a chi lavora lontano dalla propria casa, c’è una direttiva europea che lo dice. C’è anche l’indennità di rischio biologico, che, come quella relativa al burnout, continua a non essere applicata. C’è una Legge di Bilancio approvata, poi un Atto di indirizzo, ma le promesse di Palazzo Chigi non sono state mantenute: manca il recupero del 2013, il recupero dell’inflazione, non si valorizza la professione di chi lavora a scuola”.

Contribuire al progresso economico e sociale

“Gli articoli 35 36 della nostra Costituzione – ha detto ancora il leader dell’Anief – sostengono che in Italia il lavoro che deve contribuire al progresso economico e sociale della nazione, senza andare a minare la dignità personale. Questo, invece, sta avvenendo da troppi anni. Ecco perché il Governo deve stanziare risorse aggiuntive, anche perché nel lavoro privato negli ultimi vent’anni gli aumenti in media hanno raggiunto i 20 punti percentuali: non si riesce a capire perché nel pubblico impiego la politica non riesce a fare altrettanto. Quello dell’anno 2013 è il caso principe, perché si è tentato ad arginare quel blocco degli anni 2011, 2012 e 2013, ma alla fine sono mancate le risorse solo per l’ultimo. Come non c’è stata la volontà di andare a eliminare il primo gradino stipendiale per i neoassunti. Stiamo tutti lavorando in quella direzione, il 2013 non l’ha dimenticato nessuno: è un anno che chiede giustizia e che deve essere riconosciuto nella sua interezza”.

Parità di trattamento

Secondo Pacifico “il contratto deve cambiare, riconoscendo la parità di trattamento del personale precario rispetto a quello di ruolo. Poi ci sono i neoassunti degli ultimi 10 anni che non prendono l’ex primo gradino stipendiale, se non presentando ricorso in tribunale, dove il giudice ricorda ormai sistematicamente quello che sostiene la Corte di Giustizia Europea sul tema. Ma c’è anche un altro ‘gradino’ di carriera che bisogna includere: poiché con la fine di Quota 100, visto che Quota 102 è transitoria, l’unico modo per uscire in anticipo è arrivare a 42-43 anni di contributi. Questo significa che gli ultimi 7-8 anni di servizio si svolgono senza alcun incentivo in busta paga: si prende l’ultimo ‘scatto’ nello stipendio si fa a 35 anni di anzianità, poi nulla. Quindi – ha concluso il sindacalista – bisogna rivedere questi ‘scatti’, da quelli dei neoassunti, a cui è stato tolti il passaggio di livello del terzo anno, e quello a fine carriera”.