Scuola

Green Pass scuola: non è possibile obbligare i lavoratori a comunicare il possesso con preavviso

Un emendamento presentato da Anief sostiene che non è possibile obbligare i lavoratori a comunicare al datore di lavoro il possesso o la mancanza del Green Pass con un preavviso idoneo a soddisfare le suddette esigenze.
L’emendamento contiene disposizioni urgenti per l’accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l’organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali.

Obbligo di anticipare la comunicazione

Anief sostiene che la richiesta dell’obbligo di anticipare la comunicazione sul possesso del certificato verde non può “essere sempre soddisfatta in considerazione della durata della certificazione rilasciata a seguito di tampone (48 o 72 ore)”.

Non è l’unico emendamento presentato da Anief: ci sono altre due proposte, con le quali si chiede che non venga eccessivamente depotenziato il ruolo attivo del Garante della Privacy “con riguardo all’esecuzione di un compito di interesse pubblico”, quale è quello del trattamento dei dati.

Il ruolo del Garante

Lo scopo è evitare che venga abrogato “il potere del Garante privacy di prescrivere misure e accorgimenti a garanzia del cittadino, nei casi in cui si possano ravvisare rischi elevati per i diritti e le libertà fondamentali (per via di un trattamento automatizzato dei dati, inclusa la profilazione, sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico)”.

Se ciò dovesse accadere, verrebbero meno gli accorgimenti giuridici oggi vigenti per “garantire che i dati conservati possedessero i medesimi requisiti di qualità, sicurezza e protezione dei dati in rete, nonché ad indicare le modalità tecniche per la periodica distruzione dei dati, decorsi i termini di loro conservazione sopra ricordati”.

Requisiti minimi di sicurezza

Il sindacato teme che venga meno “il potere del Garante di stabilire i requisiti minimi di sicurezza e protezione dei dati di traffico telefonico e della loro distruzione, una volta decorso il tempo previsto per gli usi a fine di indagine e repressione dei reati”. E ciò “potrebbe garantire minor sicurezza a dati importanti come quelli delle nostre comunicazioni proprio nel momento più delicato della loro distruzione“.

Pochi trenta giorni

Infine il sindacato ritiene che sia eccessiva la riduzione “a trenta giorni” del “termine per i pareri che il Garante per la protezione dei dati personali renda su atti riconducibili al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), al Piano nazionale per gli investimenti complementari ed al Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 e prescrive che quel termine sia improrogabile (ed una volta decorso, si può comunque procedere, pur in assenza di parere). Risulta evidente – scrive Anief nella motivazione dell’emendamento – che le riforme su cui il garante potrà essere chiamato ad esprimere un parere potrebbero essere molto complesse e difficilmente commentabili in un lasso di tempo così ridotto”.

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