Economia & Fisco

Aumento stipendio docenti: arriva la beffa, in 100mila dovranno restituire 200€ del bonus

In arrivo una brutta sorpresa per molti docenti e ata che hanno percepito il bonus erogato lo scorso anno dal governo Draghi equivalente a 200 euro. Il bonus era riservato ai lavoratori dipendenti che non superassero un reddito annuo da lavoro di 35mila euro lordi. Ora però arriva la richiesta di restituzione della somma da parte del Ministero dell’Economia, che sta provvedendo al recupero forzoso sotto forma di rate da 25 euro mensili direttamente dallo stipendio. Il recupero è avviato nei confronti dei lavoratori che alla fine dello scorso anno hanno superato lo scaglione previsto dal decreto Aiuti bis.

Bonus decisivo

Decisivo in questo senso per gli insegnanti l’aver percepito lo scorso dicembre in busta paga gli arretrati previsti dal contratto già scaduto.

Flc Cgil spiega che il rimborso riguarda circa 100mila lavoratori del mondo dell’istruzione con un reddito annuo intorno ai 33-34 mila euro. Per loro, la soglia è stata superata in virtù dell’erogazione dei tanto attesi arretrati.

Questi lavoratori si ritrovano con un reddito superiore al limite fissato dal salario accessorio dovuto a ore eseguite per attività eccedenti l’orario scolastico normale.

Allarme stipendi dei sindacati

Secondo la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci, la politica dei bonus si sta rivelando un fallimento, sottolineando come a luglio, tra i docenti c’era una particolare attesa per il bonus, segno di un allarme che si registra anche nel mondo della scuola.

Anna Maria Santoro della segreteria nazionale della Flc Cgil conferma come la gestione del bonus è stata controversa e problematica. Ritiene ingiusto chiedere la restituzione del bonus una volta che è stato erogato.

Marcello Pacifico, presidente di Anief insiste sulla necessità di ulteriori aumenti di stipendio per adeguarli al costo della vita come previsto dalla legge. In particolare, si sofferma sulla necessità di finanziare l’indennità di vacanza contrattuale al reale costo dell’aumento dei prezzi registrato nel 2022/2023, evidenziando come i bonus una tantum non siano sufficienti.