Scuola

Rinnovo contratto scuola: Ragioneria dello Stato gela docenti e Ata, non ci sono soldi

Entra nel vivo la discussione del rinnovo del contratto scuola, ma le premesse non sono l’ideale per pensare a una conclusione della trattativa che possa soddisfare le parti. La fase propedeutica al rinnovo del contratto, atteso ormai da anni, è costituita dalla conclusione delle elezioni RSU (dal 5 al 7 aprile) che al momento sta assorbendo gran parte delle attenzioni dei sindacati.

Trasformazioni in contratto effettivo

Per questo tutto lascia pensare che la discussione della trattativa possa essere concentrata successivamente alle elezioni. Periodo che coinciderà poi con le festività pasquali, il che fa propendere per un appuntamento per fine aprile. Sarà a quel punto il momento di discutere della trasformazione in contratto effettivo di quello che al momento è unicamente un atto di indirizzo, redatto in forma di bozza.

La Ragioneria generale dello Stato deve far quadrare i conti per quel che concerne la parte economica del possibile rinnovo contrattuale. Ci sono da stanziare fondi per consentire l’aumento in busta paga e la formazione dei docenti.

Segnali negativi

Le premesse non sono delle migliori, se si parte dal presupposto che la Ragioneria generale dello Stato non avrebbe lanciato segnali positivi al Ministero dell’Istruzione, ammettendo che per la formazione ad hoc dei docenti non ci sono fondi.

Nel nuovo contratto sarà inserito infatti un pacchetto di ore specifiche obbligatoriamente destinate alla formazione in servizio dei docenti. Invece per quel che riguarda il personale Ata, la specializzazione sarà destinata al miglioramento delle competenze informatiche e digitali per l’utilizzo degli strumenti informatici collegati al lavoro amministrativo.

Aumento stipendi

C’è poi il delicato tema dall’aumento degli stipendi, fermi ormai da anni, e nettamente inferiori a quelli delle medie europei e a quelli dei colleghi della pubblica amministrazione italiana. L’ultimo accordo era stato trovato sulla base di 87 euro lordi compresi di elemento perequativo da 11,5 euro medi. Cui si possono sommare i fondi della Legge di Bilancio grazie ai quali si arriverebbe a 100-105 euro lordi mensili. Con i 200 milioni di euro una tantum per il 2022, l’asticella degli aumenti medi lordi mensili sarebbe di 120-125, poi dal 2023 si salirebbe a 100-105.