C’è molta attesa per conoscere l’esito del disegno di legge 1413/2025, presentato in Parlamento, finalizzato a ridurre notevolmente costi del riscatto della laurea per il personale scolastico, quindi docenti, dirigenti e personale ATA. L’obiettivo sarebbe far scendere il costo a soli 900 euro l’anno, mediante l’applicazione di un’aliquota agevolata del 5%, che abbatterebbe drasticamente le spese rispetto a quelle richieste attualmente dall’Inps.
I vantaggi
Il vantaggio nell’immediato sarebbe evidente: per una laurea quinquennale il costo scenderebbe da oltre 30mila a circa 4.500 euro, con in più il vantaggio di anticipare notevolmente l’uscita dal mondo del lavoro, sfruttando gli anni universitari ai fini pensionistici. Secondo le stime, riscattare gli anni di università consentirebbe di accedere alla pensione a 60 anni con 36 anni di contributi per le donne e 37 per gli uomini.
Ma ci sono anche degli altri aspetti da considerare: se è vero che la misura consentirebbe l’uscita a 61 anni senza penalizzazioni dirette sull’assegno pensionistico, bisogna considerare che si avrebbe diritto a importi più bassi rispetto al calcolo ordinario.
I costi nel lungo periodo
Secondo alcune simulazioni un’insegnante con 32 anni di contributi potrebbe riscattare la laurea quadriennale con 3.600 euro, ma vedrebbe la pensione mensile ridursi di circa 200 euro. Lo stesso accadrebbe per altri profili, con una perdita complessiva stimata tra 40 e 48mila euro in venti anni di pensione.
Ogni dipendente dunque dovrebbe valutare pro e contro della misura: il vantaggio di andare in pensione prima, non dovendo sborsare subito una cifra enorme per riscattare gli anni di pensione, cifra che andrebbe però poi “restituita” nel corso degli anni. C’è poi il vantaggio implicito per tutto il sistema, con un turn over anticipato che, se adeguatamente sostenuto da politiche di immissione in ruolo, consentirebbe a giovani docenti di trovare occupazione.
I prossimi passaggi
Il testo, costituito da un solo articolo, è in attesa di discussione nelle Commissioni parlamentari. L’iter prevede che in seguito alle audizioni con sindacati e associazioni si passi alla fase degli emendamenti e il confronto con i ministeri competenti.
La proposta è arrivata in parlamento sostenuta da oltre 120mila firme raccolte tramite petizione.