Insegnanti valutati da studenti e famiglie, e premiati con una maggiore retribuzioni in base a queste opinioni da parte di chi ha a che fare con loro ogni giorno. Il concetto del merito introdotto dal nuovo Governo Meloni divide l’opinione pubblica e le forze politiche.
Chi è contrario ritiene sia un modo per penalizzare chi è già svantaggiato da condizioni socio economiche, soprattutto nell’ambito dello studio e della ricerca del lavoro. Chi invece è sulla stessa linea del Governo sottolinea come il merito possa essere un utile strumento per valorizzare la professionalità e incentivare a comportamenti virtuosi in ambito lavorativo e scolastico.
Resta però il problema dell’individuazione dello stesso e del suo riconoscimento. E qui entra in gioco il sistema di valutazione del lavoro altrui. Secondo Pietro Ichino, giurista, su La Repubblica: “Contro l’idea del neo-ministro dell’Istruzione Valditara di porre il valore del “merito” al centro del proprio programma e addirittura nel nome del proprio dicastero la sinistra italiana sembra essersi ricompattata: dal vicesegretario del Pd Provenzano al segretario dei 5 Stelle Conte, al segretario della Cgil Landini, tutti convergono nel respingerla come reazionaria. Ma vi sono degli ottimi motivi per pensare proprio il contrario: cioè che la scuola non possa essere fattore di uguaglianza sociale se non impara a valutare e premiare il merito molto più di quanto non lo faccia oggi. Più in generale, è l’intera amministrazione pubblica che ha bisogno di questa rivalutazione del merito al proprio interno“.
Secondo il giurista “potenziare l’istruzione pubblica significa soprattutto investire sul miglioramento della qualità dell’insegnamento, cioè sulla capacità e l’impegno degli insegnanti“.
“Questo implica che la struttura scolastica sia capace di valutarne la prestazione per poter retribuire meglio i più bravi. E per valutare gli insegnanti occorre anche rilevare capillarmente l’opinione espressa su di loro dalle famiglie e dagli studenti”, aggiunge.
“In altre parole, insiste Pietro Ichino – potenziare la scuola significa mettere al centro il diritto degli studenti, in particolare dei meno dotati, di quelli che non hanno alle spalle una famiglia colta“.
Il giurista conclude: “Potenziare la scuola pubblica significa attivare una sistematica e rigorosa valutazione della qualità dell’insegnamento impartito dagli istituti scolastici pubblici; ma anche consentire loro di scegliere gli insegnanti e attirare i migliori premiandoli. Questo si deve fare se si vuole davvero stare dalla parte dei più poveri“.
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È una vita che vengo valutata: laurea; concorso abilitazione, anno di prova.Direi che è l'ora di finirla. Qui si va a compromettere diritti sacrosanti come la libertà di insegnamento
Le valutazioni non finiscono nella vita. Anche gli insegnanti o forse loro più’ degli altri dovrebbero non smettere mai di imparare ed essere modello di questo per gli allievi.