Scuola

Aumento stipendio docenti: sindacati a un bivio, con il cambio al Governo il rinnovo del contratto scuola potrebbe allontanarsi ulteriormente o diventare più semplice

C’è grande curiosità per capire se la crisi di Governo che ha portato alle dimissioni del premier Draghi e che condurrà alle elezioni anticipate di fine settembre, potrà cambiare il punto di vista dei sindacati in merito alla possibilità o meno di accettare le proposte dell’attuale ministero relativamente alle cifre per l’aumento degli stipendi dei docenti.

Il rifiuto dei sindacati

La penultima puntata parlava di un rifiuto generalizzato, Anief escluso, da parte dei sindacati nei confronti delle cifre messe sul piatto dal ministero per firmare un contratto ponte a fine agosto. Questo avrebbe consentito di conferire gli aumenti stipendio già da settembre al personale scolastico, anche se non molto alti, unitamente al saldo degli arretrati relativi all’ultimo triennio.

I sindacati, quasi all’unanimità, hanno ritenuto inaccettabile una proposta troppo distante dalle richieste fatte in sede di trattativa. Adesso però è intervenuta la crisi di Governo, che potrebbe cambiare le carte in tavolo, in un senso o nell’altro. Una corrente di pensiero porta a pensare che i sindacati potrebbero essere tentati di accettare le ultime proposte al rialzo, anche se di poco, nel timore che il cambio alla guida del Governo possa esasperare eccessivamente l’attesa per la firma del novo contratto.

L’ultima proposta al rialzo

Le ultime offerte parlano di un budget totale di 2 miliardi di euro. Per i docenti a disposizione un aumento del tabellare pari a 102 euro al mese, cui aggiungere 16 euro per la valorizzazione docenti e 5,31 per il miglioramento dell’offerta formativa.

Per gli Ata, invece, l’aumento tabellare è di 75 euro al mese, sempre in media, cui aggiungere 9,79 euro per la riforma dell’ordinamento professionale e 3,91 per l’accessorio.

Ci sono poi gli arretrati che si attestano tra i 1.500 e i 3.000 euro.

Il nuovo interlocutore

L’altra corrente di pensiero potrebbe portare i sindacati a tenere ulteriormente duro, proprio in virtù del cambio di interlocutore al Governo, che potrebbe consentire di ottenere più facilmente quanto richiesto e non ottenuto dall’attuale esecutivo.