Scuola

Riforma reclutamento: 60 Cfu saranno spesa enorme per i docenti

La riforma del reclutamento docenti porta con se novità molto controverse, che sindacati stanno in tutti i modi cercando di sottolineare. La difficoltà del percorso per accedere al ruolo, la scarsa attenzione nei confronti dei precari, la formazione retribuita. Sono tanti gli aspetti che non convincono in questo nuovo regolamento che doveva proiettare la scuola verso il futuro ma che non sembra in grado di farla uscire dalle sabbie mobili degli ultimi anni.

Passaggio dai 24 ai 60 crediti

Lo sottolinea Francesco Sinopoli, segretario nazionale Flc Cgil a Tecnica della Scuola: “Questo sistema dovrebbe qualificare i percorsi di formazione in entrata ma non raggiunge né l’obiettivo di costruire veri percorsi di formazione in entrata né l’obiettivo di stabilizzare i precari. I 60 crediti che le università pubbliche non riusciranno a garantire saranno l’amplificazione di quanto accaduto per i 24 crediti, a spese di chi deve acquisirli, alimentando un mercato enorme, perché non si faranno le lauree abilitanti, semplicemente alcuni aspiranti docenti rincorreranno i 60 crediti. Sarebbe stato più serio fare un percorso strutturato ma con degli investimenti”.

Gli incentivi stipendiali

Non convince nemmeno il discorso relativo alla formazione professionale che prevede incentivi stipendiali finanziati con tagli alla scuola giustificati dal calo demografico previsto nei prossimi anni: “E per quanto riguarda la formazione incentivata – continua il segretario nazionale – saranno percorsi obbligatoriamente selettivi: l’incentivo riguarderà per forza il 40% dei docenti. Il punto vero è che volevano introdurre un meccanismo di selezione, peraltro pagato col taglio degli organici. Non si sa bene con che idea di formazione. Sappiamo solo che si tratterà di un meccanismo iper selettivo finanziato coi tagli agli organici e sforbiciando la carta del docente”.

Un ministero che sembra commissariato

Difficile anche capire da dove partire per rivedere una riforma che, secondo i sindacati, ha moltissimi punti deboli: “L’elenco delle cose che non vanno nel decreto è lunghissimo, ma prima di tutto bisogna segnalare ciò che come cittadini e cittadine ci interessa: ci troviamo di fronte a un decreto legge che non è stato discusso con nessuno, che non è stato neanche elaborato al Ministero e che quindi ha una sua ideazione al di fuori dei luoghi in cui si dovrebbe decidere la politica dell’Istruzione. Il ministero dell’Istruzione sembra commissariato, le decisioni vengono prese probabilmente da consulenti di Palazzo Chigi. Le organizzazioni sindacali hanno una legittimazione democratica, dato che alle elezioni delle Rsu hanno partecipato più di un milione di cittadini ma queste persone che hanno scritto il decreto non hanno nessuna legittimazione. Non abbiamo neanche conosciuto il testo in anticipo rispetto agli organi di stampa. La questione del metodo è immediatamente di sostanza, c’è un’emergenza democratica”.