Studio spallanzani Green pass: la verità sull’efficacia del vaccino
Si sta parlando molto in questi giorni dello Studio spallanzani sul green pass. Lo studio è stato riportato dal quotidiano La Verità. Si tratta di uno studio finanziato dal ministero della Salute, che come sempre, è finito al centro di mille polemiche, dal momento che questi studi possono essere letti in modo diverso, a seconda dei dati che più si preferisce enfatizzare. La Verità ha parlato di uno studio che «contraddice in toto la politica del governo: i vaccinati possono riprodurre virus “vitale” proprio come i non protetti. Quindi il lasciapassare non serve». Ma è proprio così? Innanzitutto un passaggio importante dello studio: «Lo studio era osservazionale basato su dati di vita reale ottenuti da attività di sorveglianza pandemica, finalizzato non a stabilire l’efficacia del vaccino rispetto a un gruppo di controllo non vaccinato abbinato, ma a riportare una caratterizzazione virologica di quei pazienti segnalati con infezione da SARS-CoV- 2 nonostante siano stati vaccinati».
Cosa dice lo Studio spallanzani green pass
Innanzitutto va detto che si tratta di uno studio che esamina un numero limitato di persone potenzialmente contagiose anche se vaccinate. Va anche sottolineato che si tratta di un cosiddetto “preprint”, vale a dire uno studio in attesa di revisione.
Innanzitutto bisogna partire dal presupposto che si tratta di uno studio su un numero limitato di pazienti. Secondo lo studio: «I nostri dati mostrano che gli individui vaccinati che si infettano dopo la vaccinazione, sebbene rappresentino una piccola percentuale della popolazione vaccinata (0,3% nel nostro contesto), possono portare elevate cariche virali nel tratto respiratorio superiore, anche se infettati molto tempo dopo la seconda dose; cioè quando avrebbe dovuto essere sviluppata l’immunità correlata al vaccino».
Dunque lo studio parla di piccole percentuali di popolazione vaccinata. «Abbiamo dimostrato per la prima volta che il virus infettivo può essere coltivato da Nps (tamponi nasofaringei, ndr) raccolti da individui vaccinati sia asintomatici che sintomatici; suggerendo che potrebbero essere in grado di trasmettere l’infezione a persone suscettibili e potenzialmente far parte delle catene di trasmissione».
Vaccini molto efficaci
Nello studio si parla anche dei 94 pazienti del Lazio risalenti al primo trimestre del 2021, tutti vaccinati con almeno una dose di Pfizer. Lo studio spiega che i vaccini sono assolutamente utili per evitare che chi prende il virus finisca in ospedale o peggio:
«I vaccini contro il coronavirus 2019 (COVID-19) si stanno dimostrando molto efficaci nella prevenzione di malattie gravi; tuttavia, sebbene rare, sono state segnalate infezioni post-vaccino. La carica virale mediana alla diagnosi era indipendente dal numero e dal tempo di somministrazione della dose di vaccino, nonostante la maggiore proporzione di campioni con bassa carica virale osservata in individui completamente vaccinati».
Ci sono anche altri passaggi importanti: «Lo studio era osservazionale basato su dati di vita reale ottenuti da attività di sorveglianza pandemica, finalizzato non a stabilire l’efficacia del vaccino rispetto a un gruppo di controllo non vaccinato abbinato, ma a riportare una caratterizzazione virologica di quei pazienti segnalati con infezione da SARS-CoV- 2 nonostante siano stati vaccinati».
Conclusioni: i vaccinati non infettano come i non vaccinati
«Pertanto, la nostra osservazione dovrebbe essere replicata ed estesa su coorti più ampie stabilite ad hoc e ad altre formulazioni di vaccini. Inoltre, non erano disponibili campioni di follow-up per gli individui infetti post-vaccinazione, per cui non era possibile monitorare le cariche virali e la diffusione del virus infettivo. Inoltre, come descritto sopra, lo stato anticorpale pre-infezione era disponibile solo per pochi pazienti».
Tutto ciò porta a pensare che non sia veritiera la tesi secondo cui i vaccinati abbiano carica virale uguale a quella dei non vaccinati. I ricercatori dello Spallanzani spiegano come i casi di vaccinati infetti, nel piccolo gruppo considerato dai ricercatori corrispondono allo 0,3%. Di questi una parte potrebbe presentare alta carica virale ed essere quindi contagiosi.
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Le premesse sono giuste: se il numero dei campioni è basso (peraltro non si dice quale sia, cosa non corretta), non si può fare una valutazione oggettiva. Esattamente come i giornali italiani non avrebbero dovuto dichiarare che solo l’1,2% dei vaccinati muore di Covid quanto l’ISS ha scritto nero su bianco che non sono dati con valenza statistica basandosi su 70 cartelle cliniche nel mezzo di ben 128mila decessi. Ma anche se il numero dei campioni dello Spallanzani è basso, lo 0,3% è comunque significativo se pensiamo che il tasso di positività generale è atttualmetne dello 1,2%. Un quarto sarebbero dunque i vaccinati infetti? Può essere, ma se non ci dicono tutto non si può arrivare a conclusioni: potrebbe avere ragione l’uno come l’altro.
Esatto. Proprio così. Si vedrà solo con tempo la verità quale fino adesso coperta dalla censura